Il Folclore

Manziana. Il quotidiano

Con la costruzione della ferrovia (1894) è tramontato progressivamente lo schema 'alba-tramonto' in cui era racchiusa la giornata lavorativa.
All'interno delle case l'ambiente più vissuto era ovviamente la cucina, col fuoco acceso dalle prime luci del giorno e con la significativa presenza (almeno fino agli anni '30) di bambini, anche in età scolare. Strumenti simbolo della cucina erano la brocca dell'acqua, il mestolo ('sgommarello'), la cucchiarella di legno ('mescola'), la teglia per il camino ('sòlo'), ma soprattutto la 'battilonta', il tagliere per preparare il 'battuto' col lardo. I lavori più importanti, a cadenza settimanale, erano due: la preparazione, con gesti e movimenti immutabili per decenni, delle pagnotte di pane, da portare a cuocere al forno. E il bucato, fatto col sistema conosciuto di acqua e cenere (la 'liscìa') in un contenitore chiamato 'ziro'.
Per le vie del paese i 'luoghi' più conosciuti erano le botteghe degli artigiani, la farmacia e le osterie (o 'fraschette'). Tra le botteghe risultava ben frequentata quella del fabbro, indispensabile per la ferratura degli animali. I fabbri erano un po' come i meccanici di oggi: mentre il "propulsore" (asino, cavallo o bue) era in revisione, scambiavano volentieri quattro chiacchiere con i clienti.
La farmacia, poi, come risulta dai documenti d'epoca (1904), forniva un discreto numero di medicinali, fra cui spiccavano soprattutto i rimedi contro il cosiddetto 'imbarazzo intestinale' (assieme a qualche preparazione un po' singolare per noi moderni: l'acqua antisterica e la soluzione di stricnina). Ma c'era ben poco, ancora ai primi del '900, contro alcune malattie oggi del tutto curabili.
Nelle 'fraschette' - che i più anziani fra i manzianesi invitano a non confondere con le bettole - erano frequenti le sfide fra i poeti "a braccio" ('Io de stornelli che ne so tanti', 'Non credevo mai 'na cosa tale'). E alle fraschette il vino 'bòno' giungeva dalle vigne di cui il territorio comunale non era certo povero, vigne che poi - dopo la Seconda Guerra Mondiale - sono state progressivamente sostituite da realizzazioni edilizie più che da altre coltivazioni.
Non mancavano le rivalità fra i vari 'quartieri': particolarmente sentita era quella fra Manziana centro e Quadroni.

C'era tuttavia una differenza di fondo, nel "ritmo" del quotidiano,tra il nucleo urbano principale e la frazione alle falde dell'Eremo. Manziana paese risentiva della 'policentricità' dell'abitato, considerato nel suo aspetto urbanistico; oltre alla piazza, c'erano infatti altri luoghi di aggregazione, corrispondenti più o meno ai vari 'quartieri (o 'contrade')'. L'articolazione del giorno, in sostanza, era caratterizzata dagli spostamenti da un quartiere all'altro, ognuno con la propria scansione del quotidiano, e con la consapevolezza che Manziana paese corrispondeva ad una reale "varietà" di abitudini e persone: qualcosa di più 'avanzato' e moderno - secondo chi ci abitava - rispetto alla vicina frazione.
A Quadroni, invece, il quotidiano era 'monocentrico', nel senso che l'area fra la piazzetta e il lavatoio era effettivamente luogo d'incontro giornaliero per tutti. Chi cioè viveva a Quadroni e ci trascorreva buona parte della giornata, aveva consapevolmente il senso unitario del borgo, che corrispondeva esattamente alla sua estensione topografica.

Ed è a Quadroni - defilata rispetto al nucleo urbano principale - che alcuni aspetti del quotidiano di un tempo (ad es. superstizione, medicina popolare, giochi infantili) mostrano caratteri più arcaici e stimolanti, in senso strettamente folclorico, rispetto a quelli di Manziana paese.









Associazione Culturale Il Mascherino - Copyright by GENOMEGA